In linguaggio scientifico si dice che i batteri lattici (benefici per la salute dell'uomo) sono "specie-specifici" cioè hanno un "imprinting" che li distingue ovvero una caratteristica unica che gli viene conferita dalla specie animale che li ospita.
Così ad esempio un lattobacillo acidofilo dell'uomo non è uguale ad un lattobacillo acidofilo del cammello o a un lattobacillo acidofilo della mucca: sono simili ma non eguali e con diversa efficacia per l'uomo.

L'imprinting fa sì che il probiotico venga riconosciuto e accettato dal sistema immunitario dell'ospite (uomo) senza scatenare risposte immunitarie distruttive e permettendogli di aderire alle pareti intestinali dove può formare colonie permanenti ed esercitare le sue benefiche attività. Senza imprinting non c'è adesione specifica e senza adesione specifica non c'è azione probiotica.

Inoltre esaminando da vicino i singoli ceppi di lattobacilli acidofili con imprinting di un ospite specifico (ad esempio dell'uomo) si riscontra che alcuni di questi sono più forti e biologicamente più attivi di altri: ciò non deve stupire perché anche gli uomini non sono tutti eguali ma solo simili pur appartenendo allo stesso gruppo familiare: alcuni sono più forti, più alti, più belli, più resistenti alle malattie etc.
Per i probiotici in commercio quindi sono determinanti al fine dell'efficacia il ceppo batterico usato oltre che il genere e la specie, nonché l'imprinting dell'ospite da cui è stato prelevato (uomo, pianta, altro mammifero) e la forma tecnologica di presentazione, come esposto più sotto.

1a generazione tecnologica: fermenti lattici "nudi"

E' la più antica e più primitiva. Il batterio è separato dal mezzo di coltura mediante centrifugazione oppure ultrafiltrazione, viene collocato su un supporto alimentare (normalmente maltodestrina) previa disidratazione per surgelazione sotto vuoto (freeze-drying o liofilizzazione) da cui esce in una sorta di ibernazione o letargo da cui può essere risvegliato dopo ingestione nel nostro sistema gastro intestinale dove si reidrata e trova le condizioni adatte e il cibo per proliferare e formare colonie attive. Nello stato di ibernazione (liofilizzato) il probiotico è in condizioni molto delicate, deve rimanere entro un campo di umidità molto ristretto tra il 2%-5%; con più di 5% umidità si risveglia e non trovando cibo muore, con meno di 2% di umidità si disidrata completamente e passa dal letargo alla morte. In realtà in microbiologia non si usa come unità di misura l'umidità bensì la cosiddetta "Aw" (Activity of Water); alla luce di quanto detto sopra è evidente che i probiotici:

  • temono l'umidità in quanto si riidratano: di conseguenza è dannoso conservarli in contenitori aperti o in associazione con sostanze ad umidità superiore al 5%;
  • temono la temperatura e la luce solare, in quanto il calore li disidrata portandoli sotto il 2% di umidità;
  • temono la pressione meccanica: in quanto esseri fragili possono essere uccisi dalla pressione meccanica esercitata ad esempio da una comprimitrice per pastiglie. La capsula di gelatina, o il sacchetto ermetico monodose sono il modo migliore di conservarli; per contro la pastigliatura li uccide in grandi quantità, fino a circa il 60%.

2a generazione tecnologica: probiotici DDS (Drug Delivery System)

Consiste nel proteggere il contenuto della capsula di gelatina (i probiotici) dall'effetto deleterio dell'acidità gastrica (ph 1-2) mediante verniciatura della capsula stessa con un rivestimento resistente all'acido (a base di derivati cellulosici o di copolimeri dell'acido metacrilico): si parla in questo caso di "gastroresistenza" o di "enteroprotezione". Il rivestimento però si scioglie in ambiente alcalino qual'è l'intestino tenue, permettendo la fuoriuscita dei probiotici dalla capsula direttamente nel loro ambiente di attività salutistica.
Il sistema DDS, come il nome implica, è però riservato per legge esclusivamente ai farmaceutici (Drugs) e non agli integratori alimentari che è la categoria merceologica principale sotto la quale sono venduti i probiotici.

3a generazione tecnologica: fermenti lattici microincapsulati con rivestimento mono o doppio strato

La microincapsulazione (M.I.) consiste nel rivestimento dei probiotici (polvere) mediante un liquido gelatinoso essiccabile che riveste i granelli o i granuli formando attorno ad essi una sorta di rivestimento quasi individuale gastro resistente. E' senza dubbio un progresso rispetto ai probiotici nudi, di efficacia quasi eguale a quello del sistema DDS ma utilizzabile per legge anche per gli integratori alimentari.
La sola critica che si può muovere al sistema (che conferisce resistenza all'acido, alla temperatura, alla pressione meccanica e all'umidità) è quella che lo spessore del rivestimento non è completamente uniforme per tutti i microglobuli e che i batteri racchiusi in ciascun microglobulo possono variare da qualche unità a qualche centinaio: di ciò bisognerà tener conto quando si farà l'analisi del numero di unità formanti colonia (UFC) cioè al momento della verifica del titolo della materia prima (polvere). Normalmente i microglobuli sono poi confezionati entro normali capsule di gelatina, ma possono essere presentati come pastiglie o tavolette visto che sono resistenti alla pressione meccanica.

4a generazione tecnologica: "superceppi" fermenti "nudi" ma ad alta prestazione ("High Performance")

Mediante selezione genetica tradizionale (non transgenica ma naturale) così come si è fatto negli ultimi secoli con piante e animali, si è riusciti in questi ultimi anni a selezionare e a riprodurre in coltura industriale ceppi probiotici particolarmente attivi e resistenti che per quanto riguarda rivificabilità, shelf-life (conservabilità), resistenza allo stress meccanico, resistenza all'acidità gastrica, efficacia dell'azione probiotica svolta, sono considerati dei veri campioni nel settore.
La microincapsulazione non è più necessaria per gli "High Performance" e le prestazioni sono sorprendentemente buone.